In una moderna e lussureggiante Sicilia con flashback verso gli anni seconda guerra mondiale, si narra della storia di Tito, ricco sessantenne proprietario di un pastificio tramandato di generazione in generazione; di Rachele, l'anziana zia che lo ha accudito rinunciando ad una famiglia propria; del padre Gaspare che non ha mai voluto svelargli chi fosse sua madre: una donna per bene che non aveva potuto sposare (così gli aveva sempre detto e l'amico notaio gli aveva confermato) o una poco di buono (come invece gli rivelerà in un motto di collera la moglie Mariola)?
Tito è sempre stato riluttante a parlare della sua vita privata e non accoglierà con piacere l'idea di dover aiutare il nipote Titino nel compito di ricostruire l'albero genealogico della famiglia.
Sarà Dante, fotografo carismatico, figlio di una compagna di collegio della zia Rachele, a dare a Tito la risposta che cerca.

Nonostante rimanga impeccabile, fluido e riconoscibile lo stile narrativo dell'autrice con i suoi intricati intrecci familiari questa volta in Boccamuratala scrittura si aggroviglia in sensi e descrizioni difficili da allineare, quasi al pari de I Viceré di De Roberto.
Sono presenti delle lacune narrative: qual è stata la sconvolgente scoperta che avrebbe indotto Elisa a far uso di stupefacenti? Era necessario ai fini narrativi l'evolversi del rapporto tra Dante e Santi, figlio di Tito?
A lasciare un dubbio nel lettore, la facilità inverosimile con cui Tito accetterà e affronterà la scoperta della vera identità della madre.

Boccamurata chiude la trilogia siciliana iniziata con La Mennulara e La zia marchesa della Hornby, che rimangono due opere di un livello decisamente superiore e di ineguagliabile bellezza narrativa.