La fuga del tempo gli era un supplizio insopportabile. Non tanto egli rimpiangeva i giorni felici quanto si doleva de' giorni che ora passavano inutilmente per la felicità. Quelli almeno gli avevan lasciato un ricordo: questi gli lasciavano un rammarico profondo, quasi un rimorso... La sua vita si consumava in sè stessa, portando in sè; la fiamma inestinguibile d'un sol desiderio, l'incurabile disgusto d'ogni altro godimento. Talvolta lo assalivano impeti di cupidigia quasi rabbiosi, disperati ardori verso il piacere; ed era come una ribellion violenta del cuore non saziato, come un sussulto della speranza che non si rassegnava a morire.

(Gabriele D'Annunzio, Il Piacere, 1895)

Al di là delle posizioni politiche che una figura controversa come quella di Gabriele D'Annunzio porta ad sostenere, il letterato si inserisce nella corrente del Crepuscolarismo, unico strascico italiano del movimento romantico che vede in quegli anni in Francia con Baudelaire, Verlaine, Rimbaud e Mallarmé un ampio seguito.
Poeta come vate, donna non più angelicata ma sensuale e demoniaca: questi i tratti salienti delle opere del "Principe di Montevenoso".