Giorgio Caproni è stato definito dal critico Pier Vincenzo Mengaldo come “il poeta più importante del dopo Montale”. Questo si deve probabilmente allo spirito innovativo che caratterizza la poesia di Caproni: nuovo perché si distacca da un primo periodo ermetico per evocare la necessità di aprire la poesia al racconto e finire poi, con l’ultima raccolta del 1975 Il muro della terra verso una parola sincopata, balbettante dominata dal bianco della pagina.

In questo panorama di forte cambiamento la tesi di Immacolata Caputo individua un trait d’union che si muove a cavallo degli anni come un vero personaggio da romanzo: la donna la cui analisi sarà divisa per stagioni poetiche, dalla figura in simbiosi con la realtà circostante del primo periodo dell’autore sino ad arrivare al ruolo romanzato non solo del personaggio ma anche dell’autore-narratore onniscente.