Abbiamo scelto un paper presentato presso l’Università degli studi di Pavia che ripercorre tre testi della resistenza italiana, per la precisione tre racconti, ad opera di Beppe Fenoglio, Italo Calvino e Pietro Chiodi.

Negli anni della seconda guerra mondiale, infatti, il racconto, attraverso l’esperienza delle riviste e dei quotidiani, si fa portatore di istanze sociali ben definite.
La memoria autobiografica e la narrazione immediata e fresca che prescinde i moduli più articolati del romanzo convogliano gli scritti della resistenza verso tale genere narrativo.

Il Partigiano Jhonny pubblicato postumo nel 1968 è uno scritto incompiuto di Beppe Fenoglio che sfugge a facili definizioni, soffermandosi sulla spinta narrativa della cronaca ricercata dal suo autore. Di difficile collocazione cronologica nell’elaborazione di Fenoglio, presenta un serie di peculiarità: dalla presenza di una doppio originale alla scrittura in lingua inglese, scelta non casuale (presente nella prima redazione del libro e mano a mano rielaborato in una lingua definita “fenglese”, duttile, magmatica, eterogenea).

Più vicina alla matrice fiabesca è invece la raccolta di racconti ad opera di Italo Calvino Ultimo viene il Corvo, uscita nel 1949 nella collana “I Coralli” dell’Einaudi. Al modello formale della fiaba (compresa la semplicità lessicale) si intersecano motivi sociali ben radicati come la povertà e la guerra alla base del sentimento di impotenza lacerante avvertita dall’autore di fronte ai mali sociali.

Meno conosciuto il racconto di Pietro Chiodi Banditi pubblicato ad Alba – città d’origine del suo autore – nel 1946, ma redatto in forma di diario tra il 1945 e il 1946. Oltrepassando la semplice forma cronistica Banditi, che nell’avvertenza dell’editore viene descritto come storia reale, non è solo un’esperienza autoriale catartica ma anche – come si legge nel paper – un modo per “rivivere e denunciare, vuole essere uno scrittore civile, riuscendo al contempo ad essere anche un autentico scrittore capace di rendere il tragico, l’orrore, la violenza con un singolare “stile semplice”, scabro, laconico e scorciato”.