La Sicilia è una terra ricca di contraddizioni in cui la figura archetipica della natura madre e matrigna si concretizza con grande vigore. Il viaggio in questi territori rappresenta, per chi lo intraprende, un momento di scoperta interiore oltre che paesaggistica, un’esperienza che implica un’urgenza di descrizione e racconto.
Andreina Litrico sceglie quattro opere di Vincenzo Consolo - Il sorriso dell'ignoto marinaio, Retablo, Le pietre di Pantalica e L'olivo e l'olivastro - per analizzare il tema del viaggio in una figura di esule, se così si può dire, dalla propria terra: un autore che continua a rapportarsi con il paesaggio che lo circonda con un occhio sempre rivolto alla propria terra.


“Vincenzo Consolo nelle sue opere coglie alla perfezione l'essenza dell'isola, scandagliandola nelle sue contraddizioni. Ecco allora la terra leggendaria, mitica e storica o quella schiacciata dall'arretratezza, dai problemi economici, dalla mafia. Consolo riesce, anche grazie al distacco del suo essere 'esule', a guardare in maniera lucida alla propria terra e sceglie di raccontarla. Raccontarla e descriverla. Descrivendo la Sicilia lo scrittore ne denuncia i problemi e conserva la memoria di mondi ormai scomparsi. Per Philippe Hamon la descrizione è il luogo in cui si
conservano le informazioni. Ecco, Consolo sceglie la dimensione della memoria: attraverso le proprie descrizioni ci consegna le immagini e i ricordi, non solo di luoghi che il tempo e l'incuria hanno inevitabilmente cambiato, ma anche di quegli oggetti quotidiani appartenenti a terre e culture altrimenti condannati al silenzio. Insieme ai luoghi e agli oggetti sopravvivono nelle opere dello scrittore siciliano le parole, come sempre risultato di una grande ricerca.
Dalle pagine di Consolo, emerge la figura di un intellettuale impegnato in un perenne viaggio alla scoperta della propria terra, tra la malinconia per un grande passato e lo sconforto per un presente di degrado". (brano tratto dalla tesi di Andreina Litrico)