I racconti di Amore nell’arte sono collegati tematicamente tra loro dalla determinazione di sollevare il velo sui misteriosi rapporti che intercorrono tra il sentimento d’amore e l’attività artistica. Il sentimento si traduce e sublima in arte e l’arte si fa manifestazione della volontà di vita che anima l’uomo; l’esistenza si concentra e si circoscrive attorno a questi poli mistici di attrazione e l’artista-amante, che si trova di fronte a una realtà estranea, è costretto a percorrere l’iter obbligato di chi rifiuta il mondo nel tentativo di penetrare in profondità le pieghe più riposte del proprio io, assillato da interrogativi senza risposta, destinato fatalmente a pagare con la follia e con la morte il proprio ardimento.
L’arte che con il suo linguaggio più si avvicina al sentimento è la musica (così come da tradizione classica), sicchè Tarchetti dà forma in questi racconti a tre figure di musicisti – Lorenzo, Riccardo, Bouvard – diversamente segnati dal marchio d’elezione del genio creativo: tre personaggi introversi che hanno sviluppato, per evidente carenza d’affetto, un’eccezionale sensibilità. La loro creazione, inestricabilmente connessa all’amore che è soprattutto vagheggiamento di una bellezza disincarnata, li condurrà inesorabilmente fuori dalla sfera del reale, in una dimensione patologica di contemplazione del proprio doloroso senso di estraneità agli altri. Di qui la ricerca della solitudine e del rifugio nella natura, nell’ammirazione sentimentale del paesaggio; di qui, soprattutto, l’esigenza della composizione: Bouvard, il più significativo dei personaggi tarchettiani (rappresenta il poeta scapigliato a contatto con un reale che lo respinge), scopre il prodigio dell’arte a dieci anni, quando si mette a suonare di notte in un bosco, ascoltando il canto dei grilli, ammirando le stelle. L’arte nasce dall’accoppiata infanzia-natura: la prima è vista come periodo mitico, di grandi entusiasmi, di speranze poi deluse nella maturità; la seconda come mondo incontaminato della bellezza. L’incontro-scontro con il reale è rappresentato dal rapporto con la donna, nel quale questi personaggi credono di rinvenire l’incentivo, lo sbocco necessario alle loro aspirazioni artistiche, risolvendo il desiderio di creare in desiderio di amare. Il legame amoroso, tuttavia, si rivela molto più problematico del previsto, poiché i protagonisti, per una nefasta confusione tra musa e amante, pretendono che la donna si adatti al ruolo esclusivo di ispiratrice, di incarnazione dell’ideale, una donna angelicata dalle connotazioni ispirative stilnovistiche. La sconcertante conoscenza del lato fisico dell’amore cozza troppo contro l’idea di bellezza astratta instillata dall’arte per non provocare un moto di ripulsa, per non far sentire come incompleta un’unione troppo terrena, per non far risaltare il dualismo tra esigenza spirituale e tentazione sensuale. Lorenzo e Riccardo cominciano ad amare davvero solo quando incontrano due fanciulle gravemente malate e il fatto che la passione si accenda mentre quelle si avvicinano alla morte sta a indicare che l’attrazione esercitata dipende proprio dalla loro progressiva smaterializzazione, dall’impersonare il tipo perfetto di donna-angelo. Se il rapporto con la donna funziona da sprone all’attività creativa, sul piano esistenziale sfocia in uno scacco, a cui invano l’artista sfiduciato cerca di reagire. La disillusione induce alla rinuncia al mondo per la consapevolezza che l’arte è una sorta di marchio indelebile che fa dei suoi cultori degli eletti costretti a pagare il privilegio di esperienze singolari e travolgenti con la disperazione della solitudine. La società non tributa un adeguato onore alle composizioni dell’artista, che piuttosto delude con la sua falsità e indifferenza, è trattato come un individuo eccentrico, curioso. Il personaggio si tormenta per l’ambiguità della propria posizione, finendo con l’incolpare se stesso per il suo infelice stato, compiacendosi quasi del proprio dolore. Allora si fa strada il convincimento che l’anelito alla felicità e il desiderio d’amore, proprio perché mai soddisfatti, promuovono una tensione che è il vero stimolo dell’arte; che questa, cioè, ha ben poco in comune con l’innocenza dell’infanzia, la bellezza della natura, la bontà dei sentimenti, ma scaturisce dall’inconscio.
Il tema dell’arte e dell’amore sono al centro del rilancio tarchettiano della suprema tensione ideale, quella che si realizza con il rifiuto della società e a prezzo della vita. L’arte è malattia intesa come liberazione dal corporeo e potenziamento della sensibilità spirituale e il prezzo che paga all’emergenza di un presente opaco e materiale è, dunque, l’esilio dalla natura intesa come norma e razionalità; la condizione e il senso della sua sopravvivenza diventa la rottura dell’equilibrio e della logica del reale, la sua regola l’anomalia.
Amore nell’arte offre una poetica nuova, orientata al misterioso, all’ineffabile, al sublime perseguiti e raggiunti attraverso l’indugiare sull’oggetto materiale per scoprirne il valore, nonché sulla simbolica e astratta contrapposizione vita-morte, amore-orrore, in un morboso compiacimento per l’immagine, in un ansioso rovello espressivo che non riesce a superare i mezzi offerti da una cultura non ancora consapevolmente superata.

Mara Leogrande