Girini è l’opera prima della giovanissima (1989) poetessa trevisana Roberta Durante. La raccolta è assolutamente curata nei dettagli, tanto da considerarsi uno degli esordi poetici più convincenti in assoluto. La proliferazione poetico-verbale è ravvisabile immediatamente dal titolo, proprio da quei girini che sembrano riprodursi verso dopo verso; eppure l’afonia tipica del girino diviene nella raccolta Poesia a bocca aperta, più tipica del gracidare della matura rana e in perfetta sintonia con una sorta di antilirismo che pervade la raccolta. È musica per palati fini, di nicchia (io che sono/così dodecafonica), ironicamente incerta e ammiccante alla grande tradizione:

note
bastava poco in (effetti(anche solfeggiando)
a non scrivere mezza di mezza parola
ma ho scordato la chitarra
e non posso suonartele queste note così
pierinlupesche
ma lo annoto e lo scrivo e la musica
dico
sarà per la prossima svolta
ché tanto da cosa nasce cosa?
un oboe magari o boh
scrivo ché poi mi dimentico come suona
lo spelling P-r-o-k-o-f-i-e-f-f
allora vedi
è meglio che prima me lo leggo
e poi suona bene me lo scrivo
e mi faccio un segno d’oro
proprio qui sul mio leggio

In questa lirica si dipana, nascondendosi nel dubbio, la poetica di Roberta Durante, ammiccando certo all’avanguardia sanguinetiana, ma anche a certi preziosismi crepuscolari evidenti nella ricercatissima rima Nietzsche-camice di gozzaniana memoria (non sono mie le radici io voglio i rami/ quelli con i ricami e le iniziali/ come sulle camicie quelle di Nietzsche). C’è poi il gusto elegante per una certa poesia-calligramma che si lascia guardare, ascoltare e leggere allo stesso tempo, come nel caso di Metrittica, dove una forma simil-bottiglia reca un perentorio non in funzione di tappo. La negazione, la teologia negativa, come forma estrema di affermazione (non sarò poeta e poetica ma forse un po’ etica/ un po’ lirica e poco bioetica cattolica ma/ molto caotica e se stringi cianotica) che si riscontra anche in una selva di diminutivi disseminati all’interno della raccolta – in particolare concentrati in forme formidabile come una dichiarazione stilistica e che sembrano richiamare il modus operandi del poeta siciliano Salvo Basso citato in una terzina – , come fossero una privazione, e allo stesso tempo un potenziamento, del significante: codine, frangette, falangine, falangette, bretelline, reggisenini, fiorellini, buchini, anellini, vestitini. L’autrice si mette poi allo specchio, irresistibile intreccio meta poetico, nella poesia Durante – chiaro richiamo al proprio cognome già suggestivamente musicale – dove “durante” funge effettivamente anche da avverbio temporale (e il tempo tanto breve si è allungato/ e tutto circa quasi mi è durato/ il tempo relativo di un gelato) di un tempo a metà favolistico e metà reale. Una “terra di mezzo” dove prevale l’uso dell’endecasillabo, spezzato nel ritmo dall’ipermetro e l’ipometro, dove la rima appare improvvisa, che sia baciata o al mezzo, dove il ritmo è scansionato come un solfeggio gioioso, babelico, come un blues post-moderno, un blues significante. Roberta Durante suona le parole, i significanti, trasforma il fiato in scrittura iper-creativa e viceversa, ché una cosa prescinde dall’altra. Girini è infatti una performance scritta – scripta manent et volant! – e scritta col fiato (sono passata all’alta voce; ma senti mi senti?; ho scritto tutto tutto senza/ mani) di chi ha ancora molto da dire. La lirica che chiude il libro, altra poesia a bocca aperta, si riallaccia apertamente a quella iniziale a chiusura di una forma circolare che richiama il modello dell’infinito ma come simbolo esclusivo del finito (e leggo sui miei tronchi incisi/ porchesie d’amori d’autori finiti infiniti); è un infinito a forma chiusa, dove si consumano, seppur attraverso un gioco complesso e magnifico, le ipocrisie umane ma dove si forma anche l’animo (im)puro e battagliero di una nuova voce lirica:


altra poesia a bocca aperta

se mi ci fai pensare allora penso
che il pigolio lontano qui che sento
è solo il mio pulcino nell’orecchio
(di fatto ci sarei passata sopra)
e ci avrei visto giallo e udito pio
invece se dio vuole ho ripassato
ed ho imparato a scrivere col fiato