Romanzo a sfondo autobiografico e psicanalitico, nel quale Gadda ha voluto rappresentare lo stato di angoscia esistenziale dell’uomo contemporaneo. Questa, la definizione che C. Attalienti dà del romanzo gaddiano La cognizione del dolore, apparso per la prima volta a puntate tra il 1938 ed il 1941 sulla rivista «La Letteratura», rivisitato e poi corretto per una decina di anni, prima di arrivare alla pubblicazione definitiva con la Einaudi nel 1961. Emblema dello sperimentalismo linguistico di Gadda, La cognizione del dolore appare ancora oggi un romanzo di grande attualità, narrando al suo interno di dinamiche interiori, quei viaggi dell’io all’interno dell’inconoscibile. Luoghi e personaggi trasfigurati, La cognizione del dolore, come abbiamo pocanzi anticipato, è un’opera autobiografica rimasta incompiuta. Proprio da questa sua incompiutezza nasce l’intramontabile fascino del primo romanzo gaddiano, intessuto di indagine psicologica, satira del costume fascista e in maniera più ampia della retorica stessa. Stravolgere i generi e le regole che ad essi sono legate è stata sempre una prerogativa dello scrittore – ingegnere, il quale rappresenta un caso a sé nel panorama della letteratura neorealistica del Novecento italiano. Singolarità della cultura e dello stile, fanno di Carlo Emilio Gadda un monstrum, una sintesi perfetta di quelle teorie assimilate sia durante i suoi studi scientifici che durante la lettura delle opere di scrittori e filosofi. Proiezione dello stesso autore, Gonzalo Pirobutirro, protagonista del romanzo, è un uomo dilaniato da un conflitto interiore, un dramma esistenziale che non gli permette di vivere serenamente nell’ambiente circostante. Ambientato a Maradagàl, paese immaginario del Sud America, trasfigurazione della Brianza, luogo dove Gadda visse la sua infanzia, il romanzo narra delle vicende accadute nel decennio 1920 – 1930.

Nella sua villa senza parafulmine, circondato di peri, e conseguentemente di pere, l’ultimo hidalgo leggeva il fondamento della metafisica dei costumi. Ha Ha! Egli discendeva in linea maschile diretta da Gonzalo Pirobutirro d’Eltino, stato già governatore spagnolo della Nèa Keltikè […]

Il primo ritratto del protagonista appare molte pagine dopo l’incipit del romanzo, dopo la descrizione del paesaggio e di alcuni dei cosiddetti “quadrupedanti”, elemento di disturbo della psiche dell’ultimo hidalgo, massa informe con cui il protagonista non riuscirà mai a familiarizzare. Diviso in due parti, a sua volta suddivise in nove sezioni, La cognizione del dolore offre al lettore numerosi spunti di riflessione sulla condizione esistenziale dell’uomo, sempre più tormentato dalle sue ansie e angosce, da quel male oscuro che si annida nella psiche del protagonista. Dominato dalla sottile arte della contaminatio, il romanzo gaddiano allude al Fascismo, attraverso riferimenti indiretti, quali la proiezione dell’io e soprattutto attraverso la dislocazione in un paese di fantasia di ciò che in realtà accade in Italia. Vigili sordi o bassi altro non sono che esempi del malfunzionamento di una società, oramai retta da norme non più razionali. Elencazione caotica, che tradisce il coinvolgimento dell’autore stesso nelle vicende narrate, pastiche linguistico, tipico dello stile gaddiano, e l’utilizzo di termini creati dall’estro poetico di Gadda sembrano sposarsi perfettamente in questo romanzo che, fedele alla teoria pirandelliana secondo cui “è la vita che non conclude”, si interromperà bruscamente con l’assassinio della madre di Gonzalo, avvenuto durante una misteriosa assenza di quest’ultimo. Il giallo che non si conclude, tematica che sarà poi pienamente sviluppata in Quer pasticciaccio brutto de via Merulana (1957), chiuderà bruscamente questo viaggio all’interno della psiche di Gonzalo, che è in realtà quella di Gadda stesso, nonché dell’uomo contemporaneo. Ad alimentare il male del vivere di Gonzalo è un amore – odio verso la madre, conflitto irrisolvibile che il protagonista confesserà al dottore di Lukònes, cittadina in cui vivono il protagonista e gli altri personaggi.

Il suo rancore veniva da una lontananza più tetra, come se fra lui e la madre ci fosse qualcosa di irreparabile, di più atroce di ogni guerra: e d’ogni spaventosa morte.

Il ritratto del protagonista è tracciato precisamente nel secondo tratto o sezione, in cui Gonzalo è presentato come un personaggio monstrum, affine quindi al prodotto linguistico e letterario creato dallo stesso Gadda. I sette vizi capitali si annidano tutti in Gonzalo, il quale viene descritto dai personaggi del luogo come un iracondo, geloso della madre, chiuso verso gli altri, solitario, un uomo difficile, dalla personalità molto complessa.
Non poteva certo mancare in questo capolavoro dello Stil novo gaddiano, il ricorso alle digressioni, armi tipiche del monstrum, intermezzi tra descrizioni e narrazioni di eventi. Introdotte volutamente per interrompere la narrazione, le digressioni gaddiane, ben diverse da quelle manzoniane, ci riportano alla visione del mondo dell’autore, secondo la quale le cose non possono finire. La sua diventa quindi una letteratura che rifiuta il racconto puro, quello sistematico e scrupoloso, una letteratura che lascia spazio alla libertà, alla commistione di registri linguistici, al ristagno temporale, alla extratemporalità, all’intreccio tra lirico e tragico. Ne deriva una narrazione anomala, singolare ma certamente affascinante. Il male oscuro, di cui soffre Gonzalo, la morte sono sempre presenti nelle pagine del romanzo, all’interno del quale Gadda ha saputo fondere, magistralmente, le sue doti di scrittore di rottura, che tanto lo rendono diverso dagli altri autori della letteratura italiana. La sua scrittura complessa, labirintica, trova ne La cognizione del dolore la sua massima espressione. Emblematico il passo in cui Gadda utilizza il discorso indiretto libero, facendo sì che il narratore entri nel personaggio, usando il linguaggio che quest’ultimo avrebbe utilizzato qualora avesse usato il discorso diretto.

Tuttavia, come si fa a provare che un sordo di guerra non è sordo? Che ci sente benone da tutt’e due gli orecchi? A rifletterci anche soltanto un istante, uno lo vede subito, basta ragionare un momentino, che il problema è tutt’altro che semplice […]

L’esperimento linguistico – letterario di Gadda continua quindi all’insegna dello stravolgimento delle norme stilistico – narrative, concludendosi quindi con la non conclusione. Il romanzo infatti si interrompe con la descrizione del corpo senza vita della mamma di Gonzalo, attorniata ancora una volta dai quadrupedanti: la Peppa, la Beppina, la donna del cimitero ed il vecchio medico di Lukònes. Una conclusione degna di Gadda, di quel monstrum che, attraverso le pagine de La cognizione del dolore ha aperto un significativo spiraglio sull’introspezione psicologica, inaugurata da Svevo ed ancor presente nella letteratura contemporanea.

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